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La liquidazione del danno non patrimoniale: tabelle giudiziali e tabelle legali

Il sistema risarcitorio disciplinato dal nostro ordinamento viaggia sul un doppio binario del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale.

L’istituto del danno non patrimoniale rinviene nel nostro ordinamento due differenti riferimenti legislativi: l’art. 185 cod. pen. e l’art. 2059 cod. civ.

Tralasciando l’annosa questione concernente l’ammissibilità della scissione del danno non patrimoniale in distinte sottocategorie (ampiamente affrontata dalla Suprema Cassazione, non da ultimo con le recenti Sentenze di San Martino 2019), il presente contributo si propone di vagliare le diverse modalità di liquidazione del danno non patrimoniale.

La liquidazione del danno non patrimoniale: tabelle giudiziali e tabelle legali 

Bisogna innanzitutto precisare che è onore del soggetto danneggiato allegare e provare tutte le possibili voci di pregiudizio originate dalla condotta altrui, sia che si tratti di danni patrimoniali che non patrimoniali, mentre, è compito del giudice accertare e liquidare i danni allegati dal danneggiato, nel rispetto dei principi dell’integrale risarcimento e del divieto di duplicazione risarcito. Il giudice, nel procedere alla liquidazione dei danni patrimoniali, almeno in linea di principio, non incontra grosse difficoltà, data l’economicità del bene leso.

 

A tal proposito, l’art. 2056 cod. civ. statuisce: “il risarcimento dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le disposizioni degli artt. 1223, 1226 e 1227 cod. civ.”. In altri termini, se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, la determinazione del quantum debeatur è rimessa al giudizio equitativo del giudice.

In materia di liquidazione del danno non patrimoniale, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 184/1986, ha sancito il principio secondo cui il giudice è tenuto adottare un criterio di liquidazione che sia:

  • per un verso, egualitario ed uniforme, al fine di evitare che, a parità di menomazioni psicofisiche, si riconoscano importi notevolmente differenti;
  • per altro verso, elastico e flessibile, data la necessità adeguare la liquidazione del caso di specie all’effettiva incidenza dell’accertata menomazione sulle attività della vita quotidiana del danneggiato.

Proprio per queste finalità e per rendere più trasparente e prevedibile quel giudizio di equità ex art. 1226 cod. civ. che permea l’intero istituto del danno non patrimoniale, onde evitare che il risarcimento dei danni non patrimoniali trasmodi nell’arbitrio, con riferimento al danno biologico, sono state elaborate le cc.dd. tabelle legali (v. artt. 138 e 139 del d.lgs. 7 Settembre 2005, n. 209, il c.d. Codice delle Assicurazioni Private) e le cc.dd. tabelle giudiziali (Tabelle milanesi, Tabelle romane, Tabelle veneziane).

Le tabelle legali, sono state introdotte dal legislatore con l’intento di rendere uniforme e prevedibile la materia del risarcimento del danno non patrimoniale, limitatamente ai sinistri derivanti dalla circolazione dei veicoli e dei natanti.

Tale disciplina è stata, successivamente, estesa anche alla diversa materia della responsabilità medica, per effetto prima della Legge Balduzzi e poi della Legge Gelli-Bianco.

Introdotti nel 2005, sia l’art. 138 cod. ass. (rubricato “Danno biologico per lesioni di non lieve entità”) che l’art. 139 cod. ass. (rubricato “Danno biologico per lesioni di lieve entità”), avevano ad oggetto il risarcimento del cd. danno biologico attraverso la previsione di una Tabella Unica Nazionale, sia per le lesioni di lievi entità (1-9%) che per le lesioni di non lieve entità (10-100%). Sin dalla loro entrata in vigore, gli articoli in esame, hanno posto non pochi problemi.

Innanzitutto, la Tabella Nazionale Unica cui fa riferimento l’art. 138 cod. ass. non è stata, ad oggi, ancora implementata.

Il legislatore ha cercato, più volte, di implementare l’art. 138 cod. ass. con alcuni progetti di riforma, ma lo ha fatto in modo così poco equilibrato da ricevere l’inevitabile bocciatura da parte del sistema istituzionale

Da qui la supplenza delle prassi virtuose degli uffici giudiziari e, in particolare, degli Osservatori sulla Giustizia Civile con il diffondersi di tabelle cc.dd. giudiziali (previste, cioè, dal diritto vivente e non dalla legge).

Le tabelle giudiziali sono basate sul sistema del punto variabile in funzione di età e grado di invalidità, con crescita da punto a punto in misura più che proporzionale.

Le tabelle giudiziali contemplano il risarcimento sia delle microlesioni ordinarie che delle macrolesioni ordinarie (ma, data l’inerzia del legislatore nell’elaborare una Tabella Unica nazionale, la tabella giudiziale milanese dei danni non patrimoniali per lesioni di non lieve entità “ordinarie” è costantemente utilizzata dai giudici anche per il risarcimento dei danni di lieve entità derivanti da sinistri stradali).

Data la coesistenza sul tutto il territorio nazionale di diverse tabelle giudiziali, e la costante incertezza dei giudici a quali tabelle ancorare il proprio giudizio equitativo, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12408/2011 , ha indicato come tabella giurisprudenziale di riferimento, quella elaborata dal Tribunale di Milano, riconoscendo a quest’ultima efficacia “paranormativa”.

A parer dei giudici ermellini, le tabelle milanesi, elaborate dall’Osservatorio di Giustizia Civile del Tribunale di Milano, risultano essere, in ragione della loro vocazione nazionale ‒ in quanto le statisticamente maggiormente testate ‒ , le più idonee ad essere assunte quale criterio generale di valutazione che, con l’apporto dei necessari ed opportuni correttivi ai fini della c.d. personalizzazione del ristoro, consentono di pervenire alla relativa determinazione in termini maggiormente congrui, sia sul piano dell’effettività del ristoro del pregiudizio che di quello della relativa perequazione, nel rispetto delle diversità proprie dei singoli casi concreti.

Merita infine rammentare che le tabelle milanesi, sin dalla loro nascita, sono state soggette a continui “aggiornamenti” (quasi annuali), resi doverosi sia dalla necessità di adeguare queste ultime al mutevole concetto di danno non patrimoniale, sia per l’adeguamento ai valori ISTAT.

Tabelle giudiziali: contrasto tra tabelle milanesi e tabelle romane

La scelta della Suprema Corte, di riconoscere efficacia paranormativa alle sole tabelle milanesi, non ha convito alcuni uffici di merito: ciò è quanto si apprezza in una parte della giurisprudenza degli uffici giudiziari romani che non hanno inteso discostarsi dal proprio modello liquidatorio (le cc.dd. tabelle romane).

Le tabelle milanesi, a detta degli uffici giudiziari romani, presentano alcune criticità.

 
Anzitutto, con riferimento al valore monetario riconosciuto per ciascun punto di invalidità, appaiono ingiustamente penalizzanti nei confronti dei soggetti che hanno subito un danno biologico, grave, molto grave e assoluto (10-100%), mentre appaiono ingiustificatamente più generose in relazione ai soggetti che hanno subito, un pregiudizio inferiore (1-9%).

Per queste ragioni, il Tribunale di Roma, ha previsto, all’interno delle proprie tabelle, una crescita costante per ciascun punto di invalidità, sia che si tratti di microlesioni che di macrolesioni.

Altro aspetto negativo delle tabelle milanesi riguarda la personalizzazione del danno biologico, che, come è noto, può trovare applicazione solo in situazioni particolari che determino un contesto diverso da quello standard preso in considerazione quale valore modale per la individuazione del punto.

A tal proposito, gli artt. 138 e 139 cod. ass. statuiscono: “qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati, l’ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla Tabella Unica Nazionale, può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 30 % se trattasi microlesioni, fino al 20 % se trattasi di macrolesioni”.

Nelle tabelle milanesi, invece, la personalizzazione è disciplinata diversamente.

È previsto un aumento del valore economico del punto di invalidità fino al 50% per i danni dall’1 al 9%, un aumento tra il 50% e il 25% per i danni dal 10 al 34%, e un aumento del 25% per i restanti danni più gravi.

Emerge, quindi, una chiara disparità di trattamento tra i soggetti che abbiano subito danni complessivamente meno gravi, e soggetti che abbiano subito la compromissione di tutte le facoltà e delle estrinsecazioni della vita ordinaria.

Per queste ragioni, in materia di personalizzazione, le tabelle romane rispettano, pedissequamente quanto statuito dagli artt. 138 e 139 cod. ass.

Ultima criticità attiene, poi, al fatto che le tabelle milanesi continuano ad essere aggiornate, ma non con frequenza annuale.

Tale situazione comporta seri pregiudizi in sede di calcolo del danno da ritardo, in quanto, se lo stesso valore viene conservato per due o tre anni, si ottiene il risultato di detrarre dall’importo base da utilizzare per il calcolo anche la rivalutazione non effettuata, a meno che ogni singolo giudice provveda autonomamente ad operare l’aggiornamento ai valori ISTAT dell’importo tabellare al momento della trasformazione del debito di valore a quello di valuta, determinando una ulteriore possibilità di rendere il punto tabellare non certo fino alla operazione di aggiornamento, eseguita autonomamente da ogni singolo giudice (operazione che oggettivamente appare contrastare con la scelta di usare tabelle per assicurare una base comune di liquidazione). 

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