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Il pagamento del singolo condomino al creditore del condominio non estingue il debito pro quota

L’obbligazione del singolo partecipante verso il condominio e il rapporto contrattuale del condominio con i terzi restano indipendenti (Cassazione n. 14829/2025)

La Corte di Cassazione, Sezione II, con l’ordinanza 3 giugno 2025, n. 14829 (testo in calce), prendendo spunto da una vicenda relativa ad un contratto d’appalto, chiarisce un aspetto degno di nota. I giudici ricordano che sono indipendenti, da una parte, l’obbligazione di contribuire alle spese del singolo partecipante nei confronti del Condominio (rapporto interno) e, dall’altra parte, le vicende delle partite debitorie del Condominio verso i suoi creditori (rapporto esterno). In altre parole, il pagamento eseguito da un condomino direttamente a favore del creditore dei Condominio non è idoneo ad estinguere il debito pro quota (se tale creditore non è munito di titolo esecutivo verso lo stesso singolo partecipante). Infatti, la giurisprudenza è costante nell’affermare che il credito del Condominio verso i i terzi (ad esempio, nei confronti dell’appaltatore) ha natura di prestazione sinallagmatica e trova causa nel rapporto contrattuale con il terzo approvato dall’assemblea (il contratto d’appalto) e concluso dall’amministratore in rappresentanza di tutti i partecipanti al condominio Invece, l’obbligo di pagamento degli oneri condominiali da parte del singolo partecipante trova causa immediata nella disciplina del Condominio (artt. 1118 e 1123 e seguenti c.c. che fondano il regime di contribuzione alle spese per le cose comuni).

La vicenda

Una ditta, dopo aver svolto dei lavori di ristrutturazione in un Condominio, non avendo ottenuto il saldo, agiva in via monitoria ed otteneva un decreto ingiuntivo per poco meno di 13 mila euro. Una condomina, in proprio e in qualità di amministratrice dello stabile, proponeva opposizione e chiedeva la revoca del provvedimento monitorio, oltre al risarcimento del danno e al pagamento della penale per il ritardo nell’esecuzione dei lavori; infine, domandava la restituzione di quanto versato per l’acquisto dei servizi igienici e degli infissi. La ditta contestava la fondatezza dell’opposizione ed eccepiva il difetto di rappresentanza processuale e di legittimazione attiva dell’opponente dal momento che ella non era munita del mandato assembleare per proporre una domanda riconvenzionale. In primo grado, l’opposizione veniva rigettata con conferma del decreto ingiuntivo, ma era parzialmente accolta la domanda riconvenzionale dell’opponente, il contratto d’appalto era risolto per colpa dell’appaltatore e quest’ultimo veniva condannato al pagamento di circa 7 mila euro. Veniva interposto appello principale, in proprio, dalla donna e appello incidentale dal Condominio e dalla ditta appaltatrice. Il giudice del gravame dichiarava inammissibile l’appello principale – proposto dalla donna in proprio – in quanto il contratto d’appalto era stato da lei stipulato in qualità di amministratrice del Condominio e in relazione a lavori sull’edificio condominiale.

La donna ricorre in Cassazione.

La legittimazione ad agire

La ricorrente sostiene di aver proposto l’opposizione sia in qualità di maggiore comproprietaria sia come amministratrice speciale essendo stata autorizzata dall’assemblea. In quest’ultimo caso, la donna fa riferimento all’art. 12 della legge 219/1981 relativo agli immobili distrutti o da demolire o riparare in seguito ad eventi sismici. In base a tale disciplina l’amministratore è legittimato (sia attivamente sia passivamente) per quel che riguarda l’esecuzione dei lavori di ricostruzione o riparazione oggetto delle delibere adottate dall’assemblea negli stessi termini in cui lo è l’amministratore di un condominio con gli stessi poteri di rappresentanza ma con le maggioranze ridotte e agevolate di cui alla citata legge. Pertanto, la ricorrente contesta la decisione gravata per aver ritenuto l’appello da lei proposto come inammissibile per difetto di poteri rappresentativi. Inoltre, ella afferma che, quand’anche avesse agito in qualità di condomina, sarebbe stata comunque legittimata a chiedere il risarcimento dei danni alle parti comuni e quelli alla proprietà esclusiva. Ella aggiunge altresì che, trattandosi di un unico giudizio con una pluralità di parti, si dà luogo ad una causa inscindibile.

La Suprema Corte considera infondata la doglianza.

Infatti, la ricorrente ha appellato in proprio ed è questo il fulcro della questione.

Il fatto che, in primo grado, le sia stata riconosciuta la legittimazione, ora, non assume rilievo atteso che la suddetta questione è stata posta nuovamente all’esame dei giudici in sede di gravame. La Corte d’Appello, dunque, si è pronunciata sulla legittimazione all’impugnazione, in proprio, della sentenza. Gli argomenti spesi dalla ricorrente – ossia la sua legittimazione come amministratrice speciale ex lege 219/1981 – non assumono rilievo giacché la qualità da lei spesa è stata quella di attrice in proprio. Anche la censura sulla “causa inscindibile” non merita accoglimento, infatti, i giudici di legittimità ricordano che il Condominio è una parte contrattuale complessa, rappresentata dall’amministratore, «il singolo condomino, pertanto, non è legittimato ad agire in proprio contro l’appaltatore» (paragrafo 6 dell’ordinanza in commento).

Perché il singolo condomino non è liberato se paga personalmente il creditore del Condominio?

Secondo la giurisprudenza, il Condominio, verso i terzi, si pone come un ente di gestione dei diritti e degli obblighi dei condomini sulle parti comuni. L’amministratore è il “rappresentante necessario” dei partecipanti al condominio:

  • “sia nella fase di assunzione di obblighi verso terzi per la conservazione delle cose comuni,
  • sia, all’interno della collettività condominiale, come unico referente dei pagamenti ad essi relativi” (in tal senso, Cass. 3636/2014).

Da quanto sopra emerge che il pagamento eseguito da un condomino direttamente a favore del creditore del Condominio non è idoneo ad estinguere il debito pro quota, se tale creditore non è munito di titolo esecutivo verso lo stesso singolo partecipante. Detto in altri termini, non è idoneo ad estinguere il debito pro quota del singolo condomino, il pagamento diretto eseguito a mani del creditore del Condominio nel caso in cui il creditore dell’ente di gestione non si sia, a sua volta, munito di un titolo esecutivo nei confronti del singolo condomino (Cass. 3636/2014).

In linea con tale principio si pone il fatto che la delibera di approvazione delle spese determina l’insorgenza dell’obbligo dei condomini di versare gli oneri condominiali al Condominio e rimangono indipendenti (Cass. 2049/2013):

  • da una parte, l’obbligazione del singolo partecipante verso il Condominio (rapporto interno)
  • e, dall’altra parte, le vicende delle partite debitorie del Condominio verso i suoi creditori (rapporto esterno).

Infatti:

  • l’obbligazione del singolo partecipante di versare gli oneri verso il Condominio trae fondamento dalle disposizioni che regolano il regime di contribuzione delle spese per i beni comuni (artt. 1118 e 1123 e seguenti c.c.),
  • invece, le vicende debitorie del Condominio verso i suoi creditori, come appaltatori o fornitori, trovano il proprio fondamento nel rapporto contrattuale con il terzo (ad esempio, il contratto d’appalto) approvato dall’assemblea.

Da quanto sopra esposto emerge che il pagamento diretto eseguito dal singolo condomino a favore del creditore del Condominio non è idoneo ad estinguere il debito pro quota dello stesso relativo ai contributi ex art. 1123 c.c. (Cass. 10371/2021). Riassumendo, il credito del Condominio verso i terzi (ad esempio, nei confronti dell’appaltatore) ha natura di prestazione sinallagmatica e trova causa nel rapporto contrattuale con il terzo approvato dall’assemblea (il contratto d’appalto) e concluso dall’amministratore in rappresentanza di tutti i partecipanti al condominio. Invece, l’obbligo di pagamento degli oneri condominiali da parte del singolo partecipante trova causa immediata nella disciplina del Condominio (articoli 1118 e 1123 e seguenti c.c. che fondano il regime di contribuzione alle spese per le cose comuni).

Autonomia del rapporto negoziale stipulato dal Condominio

A riprova dell’autonomia del rapporto negoziale concluso dal Condominio verso i terzi, i giudici di legittimità citano la propria giurisprudenza in materia di appalto.

Quando il Condominio è committente dei lavori, il termine per la denuncia dei vizi e delle difformità dell’opera (ex art. 1667 c.c.) decorre dal momento in cui l’amministratore “abbia acquisito un apprezzabile grado di conoscenza obiettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dalla imperfetta esecuzione dell’opera”.

Infatti, tra i poteri dell’amministratore rientra il compimento degli atti conservativi di diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.

Pertanto, è dal momento in cui l’amministratore ha contezza dei vizi che è possibile far valere la garanzia e non dal giorno in cui l’amministratore ne rende edotti i condomini in sede assembleare (Cass. 4619/1996, Cass. 10218/1994; Cass. 5103/1995).

Conclusioni: rigettato il ricorso

Per tutte le ragioni sopra esposte, il ricorso della donna viene rigettato con condanna alle spese di lite.

Infine, viene dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale ex art. 13 comma 1-bis DPR 115/2002, se dovuto.

Fonte: https://www.altalex.com/documents/news/2025/09/23/pagamento-singolo-condomino-creditore-condominio-non-estingue-debito-pro-quota