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Abusi su parti comuni: rispondono direttamente i singoli condòmini

Illegittimo l’ordine di demolizione notificato all’amministratore di condominio (Consiglio di Stato, sentenza n. 614/2025)

Degli abusi su parti comuni rispondono direttamente i singoli condòmini. Il Consiglio di Stato, con la sentenza numero 614 del 27 gennaio 2025, fornisce una organica soluzione ad alcune delle questioni che sono tra le principali fonti di contenzioso giudiziario.

L’assenza del riconoscimento di una personalità giuridica piena al condominio è certamente uno degli aspetti di maggiore criticità, che, ad oggi, possono dirsi irrisolti dalla Legge di Riforma numero 220 del 2012.

Il legislatore, infatti, proprio per non aver posto rimedio a tale vulnus, non consentendo l’individuazione in capo al condominio di una soggettività giuridica – ed anche patrimoniale – piena e distinta da quella dei soggetti che ne fanno parte, ha fatto sì che la materia sia tuttora fonte di perplessità e disorientamenti, anche nell’interpretazione della giurisprudenza, soprattutto in relazione all’individuazione del soggetto passivo al quale deve essere notificata l’ordinanza di demolizione, nelle ipotesi di abusi realizzati su parti comuni, ovvero su parti in proprietà esclusiva, ma aventi comunque incidenza sui beni in comproprietà.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 27 gennaio 2025, n. 614 (testo in calce), è tornato sull’argomento, fornendo un enunciato di fondamentale importanza che, verosimilmente, potrà contribuire a comporre e a dare organica soluzione ad alcune delle questioni che sono tra le principali fonti di contenzioso giudiziario.

1. Le criticità emergenti: l’installazione delle verande

Il caso della veranda, ossia la chiusura su almeno tre lati di un balcone aggettante (al netto di eventuali divieti d’innovazione contenuti nel regolamento di natura contrattuale), è, in ambito condominiale, quello che maggiormente ha occupato, ed occupa tutt’ora, l’attività dei tecnici in quanto, non potendosi qualificare tale manufatto come mera pertinenza dell’immobile cui afferisce (Consiglio di Stato, sentenza 24 settembre 2025, n. 7486), esso costituisce, piuttosto, un incremento volumetrico e di superficie determinato dalla costruzione di un nuovo locale in avanzamento rispetto al corpo di fabbrica principale, che certamente incide sull’aspetto e sul decoro architettonico dell’intero edificio.

Di tutta evidenza, allora, che, quando una veranda venga realizzata in assenza di validi titoli abilitativi, si sia in presenza di un abuso edilizio destinato ad avere effetti diretti sui beni comuni (in particolare, si pensi a quel concetto di matrice giurisprudenziale che è rappresentato dal decoro architettonico), e, per questo, indirettamente, sull’operato dell’amministratore di condominio, il quale funzionalmente è tenuto a vigilare sull’integrità delle parti dello stabile in comproprietà tra tutti i condòmini (si veda il combinato disposto degli artt. 1130, comma 1, n. 4 e 1131, comma 1, c.c.).

2. Il dibattito giurisprudenziale

Sul punto, ossia sulla legittimità o meno dell’ordine di demolizione -adottato dalla pubblica amministrazione per ripristinare la legalità violata- che sia stato notificato direttamente all’amministratore di condominio, piuttosto che ai singoli condòmini, si fronteggiano in giurisprudenza due tesi contrapposte: l’una che nega, in tali ipotesi, la legittimazione passiva del mandatario dell’ente di gestione e l’altra, evidentemente di segno contrario, che tale legittimazione presuppone e postula come conseguenza diretta dell’impianto normativo codicistico.

Quanto alla prima, la nostra analisi deve prendere le mosse dalla sentenza del 1° dicembre 2022 n.3130, con la quale il Tar Sicilia, a seguito del ricorso proposto da un amministratore di condominio cui erano state notificate due distinte ordinanze dalla pubblica amministrazione procedente, ha annullato i provvedimenti impugnati, sulla base del seguente presupposto: sia l’ordinanza di ripristino, che quella relativa all’eventuale sanzione pecuniaria, non possono essere notificate all’amministratore del condominio, posto che le parti comuni dell’edificio non sono di proprietà dell’ente di gestione complessivamente considerato, e privo di autonoma personalità giuridica, ma dei singoli condòmini (Tar Lazio, sentenza 6276 del 18 maggio 2022; Tar Basilicata, sentenza 14 del 14 gennaio 2022).

La seconda –divergente- impostazione, rappresentata dalla sentenza del 28 febbraio 2022n. 1207 resa dal Tar Campania, affronta la questione con un approccio sostanzialmente differente, basandosi sull’interpretazione letterale del secondo comma dell’articolo 1131 del codice civile, secondo il quale l’amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio ed a lui sono notificati i provvedimenti dell’autorità amministrativa che abbiano il medesimo oggetto.

Proprio per questo, se è vero come è vero che la legittimazione processuale passiva dell’amministratore non incontra, in simili casi, alcun limite, per gli stessi motivi si deve sostenere che: il legittimo destinatario dei provvedimenti della pubblica amministrazione che sanzionano gli abusi edilizi relativi alle parti comuni, non possa che essere altri che l’amministratore di condominio (Cassazione civile, sentenza numero 12622/2010).

3. Il caso concreto: la legittimazione passiva esclusiva del singolo

In questo contesto, e forse a composizione definitiva dell’esposto conflitto, si inserisce la sentenza numero 614/2025 con la quale il Consiglio di Stato ha preso, ancora una volta, posizione nel senso di considerare come responsabili di eventuali abusi edilizi ricadenti su parti comuni, solo ed esclusivamente i singoli condòmini e non anche l’amministratore.

Nello specifico, il massimo Collegio amministrativo è stato investito della questione da alcuni condòmini che chiedevano la riforma della sentenza di primo grado, resa dalla seconda sezione del TAR Piemonte, n. 955/2023, con la quale il giudice di prime cure, nel considerare pienamente valida l’ordinanza di demolizione notificata ai singoli proprietari (e non all’amministratore), aveva definito il condominio: “(…) ente di gestione privo di personalità giuridica, in quanto tale non individuabile come proprietario delle parti comuni del condominio (…)”.

Il Consiglio di Stato, condividendo l’impostazione del TAR piemontese, ha evidenziato due aspetti:

  • il primo riguarda l’incapacità del condominio, come definito in primo grado, di essere il destinatario, per il tramite del proprio legale rappresentante, della notifica di atti ripristinatori da parte della pubblica amministrazione per la rimozione di abusi su parti comuni, non avendo una propria autonoma personalità giuridica distinta da quella dei singoli condòmini che lo compongono;
  • il secondo si basa sull’affermazione del principio, conseguente all’accertamento effettuato in sede giurisdizionale, secondo il quale: “(…) L’ordinanza impugnata risulta (…) essere stata esattamente notificata ai proprietari delle unità immobiliari comprese nel Condominio secondo il disposto dell’art. 31 comma 2 del D.P.R. 380/2001 (che prevede che i provvedimenti di demolizione o rimozione siano ingiunti “al proprietario e al responsabile dell’abuso”) ed adeguatamente motivata anche in relazione alle osservazioni acquisite nel procedimento (…).”

Appello respinto, dunque, e condanna delle parti ricorrenti alla refusione, in favore del resistente delle spese di giudizio.

Fonte: https://www.altalex.com/documents/news/2025/10/13/abusi-parti-comuni-rispondono-direttamente-singoli-condomini