La Cassazione civile (ordinanza n. 12470/2020) chiarisce gli adempimenti che spettano all’Ente della Riscossione per le consegne dirette a persona diversa dal destinatario.
Nelle notifiche postali “dirette” mediante consegna della cartella esattoriale a persona diversa dal destinatario non è necessaria la lettera informativa.
Questo è quanto chiarito dalla Suprema Corte di Cassazione, sez. VI-5 civile, con l’ordinanza 30 gennaio – 24 giugno 2020, n. 12470 (testo in calce).
La Cassazione ha affrontato la questione circa gli adempimenti che devono essere effettuati dall’Ente della Riscossione, laddove quest’ultimo opti per la notifica “diretta” al contribuente con consegna a persona diversa dal medesimo destinatario.
Da un punto di vista normativo, la modalità del c.d. “invio diretto” della cartella di pagamento è disciplinato dall’art. 26, comma 1, D.P.R. n. 602[1] (nel secondo capoverso), il quale così recita: “la notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento”.
Ebbene, “in tal caso” prosegue il citato comma “la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto” dal consegnatario, per tale ragione – conclude il Collegio – “trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della Legge n. 890/82”.
La ratio della norma è costituita dallo stesso dato letterale in parola, ossia il prefato comma 1, il quale disciplina l’iter della “forma semplificata” con la notifica diretta ad opera dell’agente della riscossione; in tale fattispecie, ovverosia con la consegna della cartella esattoriale “nelle mani proprie del destinatario o di persone di famiglia o addette alla casa, all’ufficio o all’azienda”, nonché a “portiere dello stabile”, “la stessa si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da tali soggetti”[2].
Il richiamo del comma 6 (sempre dell’art. 26), il quale menziona l’art. 60, D.P.R. n. 600/73 deve trovare applicazione “per quanto non è regolato” dall’articolo in parola, dunque – in buona sostanza – non opera il precetto del comma 1, lett. b-bis) del citato art. 60.
In quest’ultima fattispecie infatti – per le notifiche effettuate con l’intervento dell’ufficiale giudiziario e pertanto non quelle “dirette” tramite l’intervento “non filtrato” dell’agente della riscossione – “se il consegnatario non è il destinatario dell’atto o dell’avviso […] il messo dà notizia dell’avvenuta notificazione […] a mezzo lettera raccomandata”[3].
La giurisprudenza di legittimità con l’ordinanza n. 28872/18 aveva già espresso tale regola, la quale – rebus sic stantibus – compromette indubbiamente la possibilità di conoscenza legale della cartella esattoriale da parte dell’effettivo destinatario, laddove l’atto sia consegnato a persona diversa.
Nella citata decisione, i giudici ermellini affermavano che siffatto “orientamento giurisprudenziale ha trovato recente autorevole avallo nella sentenza della Corte costituzionale n. 175 del 23/07/2018”, la quale “ha dichiarato la conformità a Costituzione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1”.
Ebbene, attraverso la modalità “semplificata” di notifica delle cartelle esattoriali “l’agente per la riscossione svolge una funzione pubblicistica finalizzata al raggiungimento di questo scopo”, pertanto è proprio tale caratteristica che giustifica “un regime differenziato, qual è la censurata previsione della speciale facoltà del medesimo di avvalersi della notificazione “diretta” delle cartelle di pagamento”.
A ben vedere, la “notifica diretta” consiste da un lato “nella mancanza della relazione di notificazione di cui all’art. 148 c.p.c. e L. n. 890 del 1982, art. 3” e dall’altro “nella mancata previsione della comunicazione di avvenuta notifica (cosiddetta CAN)”[4].
In tale scenario normativo emerge “uno scostamento rispetto all’ordinario procedimento notificatorio a mezzo del servizio postale ai sensi della L. n. 890 del 1982” e, a parere di chi scrive, una innaturale limitazione del proprio diritto di difesa (art. 24 Cost.), nonché la violazione del principio della parità delle armi (art. 111 Cost.), “integrato dal canone del giusto processo”.
Peraltro, anche la Corte Costituzionale nella citata sentenza (vedi punto n° 11) aveva riflettuto sulla questione mediante premesse condivisibili (seppur timide), tuttavia approdando a conclusioni ampiamente discutibili: “considerati nel loro complesso, i rilevati scostamenti della disposizione censurata rispetto al regime ordinario della notificazione a mezzo del servizio postale, che costituiscono il proprium della semplificazione insita nella notificazione “diretta” ex art. 26, primo comma, D.P.R. n. 602 del 1973 segnano sì un arretramento del diritto di difesa del destinatario dell’atto, ma non superano il limite di compatibilità” con il principio costituzionale del diritto di difesa.
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